INTERVISTA A FRANCA BEDIN

Abbiamo intervistato Franca Bedin, direttore didattico ed insegnante della Scuola Internazionale di Shiatsu-Italia® che da oltre 30 anni si occupa di percorsi di conoscenza e guarigione che integrino Corpo, Mente e Spirito. Le abbiamo chiesto che cos’è lo shiatsu.

Ciao Franca, partiamo dalla domanda più difficile. Che cos’è per te lo shiatsu?
Per me lo shiatsu è una via di realizzazione personale, che si compie attraverso un’altra persona e con un’altra persona. Mi spiego, durante la sessione vi sono due figure, l’operatore ed il ricevente. Ad un primo sguardo sembra che in questo rapporto vi sia una persona che compie un’azione ed una persona che la subisce. La posizione stessa che assumono le due figure potrebbe dare quest’impressione. L’operatore infatti si trova al di sopra del ricevente, in una posizione direttiva, il ricevente è – lo dice la parola stessa – in una posizione ricettiva. In realtà le due posizioni sono assolutamente reciproche. Io operatore premo sul ricevente, ma a sua volta il ricevente mi preme. Questo mi preme non è una faccenda semplicemente fisica. È il significato più profondo della parola mi preme, mi interessa, mi sta a cuore. Hai a cuore il buon dialogo con l’altro, hai a cuore che l’altro si valorizzi, emerga, riprenda potere su se stesso. La pressione crea un dialogo, un confronto continuo con l’altro, che però rimanda sempre a te stesso.
Questa è la bellezza dello shiatsu, è un grande cammino personale che però si fa con un altro, sia dal punto di vista dell’operatore, sia del ricevente. Tutti e due conoscono meglio se stessi in questa interazione.

Ed è sempre un dialogo positivo?
Non sempre, soprattutto all’inizio del proprio percorso. Ma le difficoltà con l’altro riflettono una difficoltà personale. Soprattutto all’inizio della pratica shiatsu – quando sei “giovane” nello shiatsu – accade di incontrare dei riceventi che ti infastidiscono, che non hai voglia di trattare. Senti di non avere un buon contatto con loro. In realtà, quando uno avanza nel suo percorso di operatore, capisce che quelle sono le persone più preziose. Ti spingono ad interpellare spazi di te, le tue ombre junghiane, che risuonano ma che non hai molta voglia di affrontare. Sono quei “fastidiosi incontri” che Carlos Castaneda chiama i pinches tiranos, i piccoli tiranni. Difficoltà che però ti mettono grandemente alla prova, permettendoti di scoprire nuove cose di te. Spesso i riceventi che ti mettono in difficoltà sono gli stessi che ti permettono di fare nuove scoperte di te.

Possiamo dire che è un po’ come vedere te stesso da un punto di vista esterno?
Sì, una cosa del genere. Infatti quando un ricevente arriva da te con una certa problematica, ad esempio un problema con l’autorità, se tu personalmente ti sei già confrontato con questo tema e lo hai già sormontato, anche parzialmente, potrai far fare un salto di qualità anche al tuo ricevente.
Ma questo lavoro a due non farà avanzare solo il ricevente, farà avanzare un po’ tutti e due.
Lo shiatsu non è una terapia psicologica, eppure dopo un certo numero di trattamenti la persona percepisce un cambiamento. Ma cos’è che ci porta a cambiare? La pressione esercitata nello shiatsu porta ad un fluire del Ki, che riassume in sé tutti gli aspetti psico-fisici, emotivi e spirituali dell’individuo. Il Ki è la sostanza universale che permea tutto l’universo.
Quando noi premiamo su un ricevente, riattiviamo la circolazione del Ki. E ad ogni pressione richiamiamo la consapevolezza della persona su sé stessa.
Per capirci, è un po’ come quando un materassone – come quelli che si usano per il salto in alto in atletica – è stato esposto fuori alla pioggia, si formano delle goccioline sulla sua superficie. Se tu premi in un punto del materasso, tutte le gocce confluiscono in quel punto. È questo che succede nello shiatsu.
Quando noi premiamo, lo Shen, ovvero la consapevolezza della persona, viene richiamata alla persona stessa.
Nella vita di tutti i giorni abbiamo in mente tante cose, pensiamo e agiamo contemporaneamente su molti fronti, ci disperdiamo. Quindi la nostra consapevolezza esce da noi e si proietta nel mondo. Nello shiatsu questa consapevolezza torna all’interno della persona, nella sua profondità, nell’ascolto di sé. Durante la sessione questa consapevolezza è spesso sottile, talvolta impercettibile, poi però c’è un’elaborazione a casa magari, o subito dopo, con l’operatore.

La persona cambia perché ki e consapevolezza aumentano.
Questa è la grande forza dello shiatsu, richiamare consapevolezza su di sé e sull’altro. Nello shiatsu il Ki fluisce con il sangue e il sangue è la dimora dello Shen, dello spirito. È una grande via di realizzazione per l’operatore e per il ricevente, perché stanno lavorando con lo spirito.
Quindi lo shiatsu non è solo trattamento per risolvere determinate problematiche fisiche?
Nei primi anni chi cercava un trattamento shiatsu, lo faceva per cercare rimedio ad un problema fisico. Oggi c’è più consapevolezza su questa disciplina e sono più frequenti le richieste di chi cerca nello shiatsu una via per riequilibrare lo stato emotivo, o come supporto in un momento della vita in cui bisogna compiere delle scelte importanti. Molti lo richiedono ancora come approccio per problemi di salute, però è sempre più chiaro che è anche una via di trasformazione personale.

Io questo lo chiamo Tao, una via di realizzazione. Ed è per questo che essere un operatore shiatsu non mi stanca mai, perché quando tu entri in contatto profondo con una persona, tu operatore viaggi in un mondo di una ricchezza straordinaria, è come scoprire degli universi, il tuo e quello dell’altro.
Questo viaggio negli universi può apparire un po’ pretenzioso, ma in realtà è un darsi, una forma di umiltà, perché bisogna essere in grado di lasciar andare parti di sé per l’altro. Il movimento stesso che compi, abbassarti per premere, inginocchiarti verso il ricevente, implica un gesto verso l’altro.

Il vero momento di crescita per l’operatore è quando passa dal fare shiatsu ad essere shiatsu. Il fare presuppone un io e un tu, io faccio e tu ricevi, essere shiatsu è viaggiamo assieme. È un viaggio che dura un’ora alla volta, ma in quel breve spazio di tempo succedono moltissime cose, consce ed inconsce.
È un atto d’arte e come tutti gli atti d’arte ha una dimensione di universalità, di trasmissione di un messaggio. Per questo lo shiatsu è un’arte, che si svolge in un unico atto irripetibile.